Experis, brand del gruppo Manpower, offre alle aziende servizi integrati altamente tecnologici: consulenza engineering e soluzioni IT, risorse altamente qualificate, percorsi di formazione specializzanti.
Insieme a Universal Robots ha dato vita al primo corso online dedicato all’uso e programmazione della robotica collaborativa, che è si è svolto nei mesi di settembre e ottobre.
La formazione è un tema da sempre caro a Universal Robots, al punto che nel 2017 ha creato a questo scopo la prima Academy totalmente gratuita.
Oggi questa accademia della robotica ha diplomato oltre 100mila utenti da oltre 130 paesi.
Ed è proprio sulla centralità della formazione che è nata la partnership fra UR ed Experis Academy (ramo formativo/operativo di Experis). Con Salvatore Basile possiamo dunque scendere in profondità nel tema, associando tecnologia e formazione, robotica e competenze. Due temi strategici per il futuro.
SALVATORE CHE RUOLO IMMAGINA PER LA ROBOTICA NEL PROSSIMO FUTURO? QUALI ORIZZONTI DI SVILUPPO PREVEDE O AUSPICA?
«Il mio pensiero – suffragato da moltissime ricerche in questo senso – è che la robotica collaborativa sia destinata a divenire un caposaldo dello sviluppo industriale, non solo all’interno dei grandi player di mercato, ma anche e soprattutto delle PMI.
I trend di crescita (come gli ultimi rilasciati da IFR) sono assolutamente incoraggianti e la crisi indotta dal Covid ha acuito la sensibilità verso gli investimenti in robotica: molti operatori stanno apprezzando concretamente la capacità dei cobot di garantire sicurezza, distanziamento, produttività e continuità del business.
Ma soprattutto molti stanno riconoscendo ai robot collaborativi la capacità di ridisegnare il processo produttivo intorno all’uomo.
Credo sia questo il contributo più importante che sono in grado di dare: reingegnerizzare l’intero flusso di lavoro recuperando e ponendo a valore il contributo prezioso dell’uomo.
Questi aspetti, sommati alla semplicità d’uso, alla rapidità e facilità di programmazione, ne fanno una tecnologia smart, destinata a diffondersi in ogni settore».
CHE PERCEZIONE HA DELLA PREPARAZIONE DELLE AZIENDE ITALIANE RISPETTO ALLA NUOVA TECNOLOGIA? C’È UN GAP DI COMPETENZE DA COLMARE?
«Sicuramente il processo di conoscenza di queste tecnologie (e di apprendimento del loro uso) è avviato e inarrestabile, ma a mio avviso non è ancora completo né sufficiente.
Molte aziende hanno intravisto le opportunità offerte dalla robotica collaborativa, ma sono ancora ben lungi dall’averle sfruttate appieno e dall’aver maturato una serie di approfondite competenze interne.
Però voglio essere chiaro: dal mio punto di vista non sono sufficienti delle competenze d’uso.
Va creata una cultura interna che emancipi progressivamente le aziende dal paradigma del processo totalmente manuale e da quello integralmente automatizzato, a favore di un paradigma collaborativo, in cui uomo e robot cooperano all’interno del processo sfruttando al meglio le rispettive migliori qualità.
Il gap che esiste nelle aziende è da individuarsi nella baseline digitale, un’infrastruttura di base che manca in molte realtà, e che permetterebbe di dare vita a sistemi interconnessi e intelligenti.
L’Italia purtroppo non brilla a livello di digitalizzazione. Secondo l’indice DESI siamo 25esimi su 28 in Europa.
Soltanto il 42% degli italiani possiede competenze digitali contro il 58% del resto degli abitanti UE. È questo il gap da colmare, a partire dalla società civile per arrivare all’industria e manifattura. Colmarlo è l’unico modo per sfruttare appieno le opportunità tecnologiche».
SECONDO LEI QUALI ATTORI DEVONO ENTRARE IN CAMPO PER ADEGUARE L’OFFERTA FORMATIVA E RENDERE LE COMPETENZE POSSEDUTE DAI NEOLAUREATI IMMEDIATAMENTE SPENDIBILI NEL MONDO DEL LAVORO IN AMBITO INDUSTRIALE? E IN CHE MODO IMMAGINA CHE TALI ATTORI DEBBANO AGIRE SINERGICAMENTE?
«La formazione per essere realmente efficace deve coinvolgere sia attori istituzionali, che privati. A ciascuno il suo. Gli enti e le istituzioni come la scuola e l’università sono chiamati a fornire conoscenze di base.
Gli attori privati devono invece mettere a disposizione conoscenze pratiche, la possibilità di fare esperienze formative con partner industriali, dare la formazione e la competenza necessarie per operare su sistemi e processi specifici.
Basti pensare che secondo la ricerca Talent Shortage di ManpowerGroup, il 54% dei datori di lavoro segnala la difficoltà nel trovare le competenze di cui ha bisogno.
Una realtà come Experis si inserisce proprio in questo flusso, supportando la crescita professionale del candidato lungo tutto il percorso formativo, dall’università all’ingresso nel mondo del lavoro».
FRA I LAVORATORI SECONDO LEI È ANCORA VIVO IL TIMORE DEL “PARADIGMA SOSTITUTIVO” E DELLA POSSIBILE PERDITA DI POSTI DI LAVORO A CAUSA DELL’AUTOMAZIONE? COME DEVONO AGIRE LE AZIENDE PER COMUNICARE LA TRANSIZIONE TECNOLOGICA E RENDERLA PIÙ SOCIALMENTE SOSTENIBILE?
«Il timore di venire sostituiti da una macchina è atavico, risale alla prima transizione industriale ed è strettamente connesso alla difficoltà che tutti noi sperimentiamo nel migrare mentalmente verso uno scenario di lavoro flessibile.
L’idea del posto fisso e con un ruolo a lungo simile a se stesso nel tempo è anacronistica. Declinando il discorso sulla robotica posso aggiungere che in gran parte questo timore è infondato.
In realtà l’87% delle aziende prevede di aumentare o mantenere la sua forza lavoro per il terzo anno consecutivo a seguito dell’automazione: lo ha rilevato «Humans Wanted: Robots Need You», ricerca ManpowerGroup, che smentisce uno scenario futuro in cui i robots ruberanno il lavoro alle persone.
Infatti è un tipo di tecnologia che non è ancora in grado di essere totalmente indipendente.
Qualità umane come problem solving, capacità relazionale, empatia, capacità di osservazione sono tuttora centrali e necessarie.
Anzi: tecnologie come la robotica collaborativa possono dare loro nuova importanza e valore, sollevando l’operatore da alcune attività routinarie e ripetitive e valorizzando queste capacità spiccatamente umane. I livelli di qualità ed efficienza ottenibili tramite questa sinergia non erano pensabili precedentemente».
L’ADEGUAMENTO DI COMPETENZE È UN PASSO NECESSARIO – MA SUFFICIENTE? – PER RENDERE LA TRANSIZIONE TECNOLOGICA PIÙ SOSTENIBILE?
«Se parliamo dell’adeguamento delle competenze dei neolaureati la strada che vedo – come detto sopra – prevede un affiancamento pubblico/privato per sommare competenze pratiche a conoscenze teoriche.
Diverso è il tema del reskilling degli operatori già attivi in fabbrica. È necessario un cambio di mindset, non solo un apprendimento di modalità operative nuove, occorre essere capaci di ripensare i flussi produttivi e di design.
In questo percorso, nel formare questa nuova cultura, i giovani (con le competenze tecniche più aggiornate) e gli esperti (con il know how maturato in anni di esperienza) devono necessariamente collaborare.
La formazione teorica di entrambe la parti deve poi seguire strade diverse, perché diversa è la modalità di apprendimento fra chi ha un’esperienza formativa recente (come un neolaureato) e chi è nel mondo del lavoro ormai da anni.
L’obiettivo finale è ridisegnare il processo attorno all’uomo, usando la tecnologia (come la robotica collaborativa) come catalizzatore dell’innovazione e del cambiamento».